Monte Iammiccio … senza esagerare “l’escursione perfetta”.


Sabato 15 gennaio 2011, prima uscita dell’anno decisamente fortunosa … potremmo dire senza esagerare “l’escursione perfetta”. Diversi sono stati i fattori che hanno contribuito al risultato: sole splendente e senza una sola velatura in tutta la giornata, temperature miti e vento quasi assente nonché l’esserci dati un obiettivo relativamente semplice - una sola vetta - fatto che ci ha regalato tanto tempo a disposizione per godere appieno dei panorami che via via ci si sarebbero presentati. Certo è che l’avviarsi proprio nel cuore del Parco ti da una carica emotiva che fa apparire tutto ciò che vedi ancora più bello di quanto in realtà già bellissimo sia. Imbocchiamo il sentiero K6 e quasi subito dopo il K4 alla volta del lago Vivo che, con pendenza sostenuta ma costante, ci porta sino a quota 1.600. Dal punto in cui si incontra una roccia con incastonata una piccola effige votiva della Madonna nel volgere di pochi minuti si sarebbe aperto di fronte a noi uno scenario davvero grandioso; Doriano nell’occasione richiama un’espressione quanto mai appropriata del gioco delle carte e dice “adesso questo scenario ce lo spizziamo un poco alla volta” ed infatti, mentre si avvicina il punto di scollinamento dopo il quale termina il sentiero sulla piana del lago, una corona di cime si fa via via sempre più chiara all’orizzonte: prima una poi due, tre, quattro vette bianche prendono forma in successione e dopo, a scendere, le creste frastagliate gli altopiani ed i nevai che uniscono in unico orizzonte il Petroso, l’Altare, il Tartaro e a sinistra la Meta con le loro innumerevoli guglie intermedie. A quel punto le foto da cartolina sono d’obbligo ed ovviamente non ci tiriamo indietro! Il lago Vivo ci riserva un curioso scenario: la superficie ghiacciata deve essere collassata sotto il suo stesso peso nel momento in cui l’acqua sottostante è stata assorbita dal terreno e dunque un disco immacolato di 200 metri di diametro si è adagiato sul terreno seguendone le forme come fosse un morbido lenzuolo; tutt’intorno ed in corrispondenza delle asperità del fondo crepe e lastroni di ghiaccio a formare gigantesche ragnatele. Chissà il frastuono che ha scosso la valle quando tutto ciò è avvenuto! Dopo un panino strategico seduti appena sopra il ciglio del lago e riscaldati da un sole ormai alto decidiamo il percorso per portarci ai piedi della cresta dello Iamiccio: un pò per fortuna ma anche per un pizzico di esperienza e senso pratico imbocchiamo la via che poi si è rivelata essere la migliore per raggiungere la vetta dal versante orientale del lago. Attraversiamo, prima per tracce di sentiero e poi a vista, una faggeta spettacolare per la ricchezza di piante con fusti altissimi e con pendenza costante ci portiamo ai 1.950, subito sotto il versante sud-est dello Iamiccio dove la costa della montagna cambia bruscamente la sua pendenza innalzandosi ripida verso la cima. Al limite del bosco cambiamo assetto per affrontare l’ultimo tratto di salita e, trasformati da escursionisti diportisti a montanari tosti, muniti di ramponi e picozza affrontiamo un costone di neve dura e pendenza piuttosto sostenuta che, in poco più di cento metri di accorto zig-zag, ci porta in sella alla cresta sud-ovest e di lì in pochi minuti alla cima. Dalla lassù i panorami sono davvero mozzafiato a 360° su quasi tutte le montagne del Parco che, in effetti, dallo Iamiccio si possono ammirare da una prospettiva unica e privilegiata; sembra tutto a portata di mano: vette, creste, nevai scintillanti e valli inserrate. Di fronte ai nostri occhi si distende la parte più intima del Parco e prendono forme e colori tanti particolari prima d’ora solo immaginati leggendo le carte; guardare il territorio dal vero, comprenderne l’orografia complessa ed intuire le nuove possibili escursioni sono tra le cose più gratificanti che mi regalano le vette. Visto che oggi abbiamo tempo ed il clima è assai gradevole stiamo sull’ampia cima a un bel pò a fare foto in ogni modo e maniera, comprese pure tutte le possibili combinazioni di noi tre con alle spalle i diversi scenari … insomma una cosa esagerata! La discesa verso il lago la facciamo percorrendo questa volta l’ampia cresta che scende verso sud-ovest, quindi la montagna si getta di nuovo in una fitta faggeta fino a quota 1.600; la pendenza nel bosco da questo lato è molto forte ma la neve soffice e profonda compensa perfettamente la forza di gravità così che andiamo giù quasi scivolando senza il minimo sforzo (diversamente se avessimo attaccato la montagna da quel versante ci saremmo rovinati di fatica!). Appena prima di essere al lago alcune tracce di orme di orso larghe come piatti ci induce a qualche timida riflessione su quanto grandi possano essere stati questi animali; sicuramente molto grandi! Ancora il giro del lago Vivo fino all’imbocco del sentiero ed è proprio giunto il momento del ritorno all’auto ma, questa volta, la prospettiva di in comodo sedile e di un caffè non basta a compensare il dispiacere di dover volgere le spalle ai panorami che già cominciano a tingersi dei colori del tramonto imminente. Alla fine della discesa deviamo un poco dal sentiero attratti dal rumore di cascatelle ed in breve arriviamo ad un tumultuoso torrentello di disgelo che va a gettarsi nel lago di Barrea; ecco, l’acqua era l’ultimo elemento naturale che ancora ci mancava! Ormai in vista dell’auto parlottiamo un pò e ci diciamo soddisfatti visto che in un solo giorno abbiamo avuto proprio tutto quello che una gita in montagna ti può dare e che sì, questa è stata davvero una delle più belle uscite in assoluto! Dati sintetici dell’escursione - Lunghezza 13,5 km - Dislivello tra punto di partenza e vetta 920 mt - Dislivello complessivo 1.050 mt - Tempo impiegato 7h30 comprese le innumerevoli soste contemplative